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Il borgo accoglie i suoi visitatori con la scritta “Benvenuti nell’antico principato di Seborga”, a testimonianza dell’importanza rivestita dal luogo in epoche passate. Feudo dei conti di Ventimiglia, donato ai monaci benedettini nel 954, Seborga assunse al rango di piccolo principato fino al 1729, quando passò di proprietà alla famiglia Savoia. Nel 1666, sotto l’autorizzazione del re di Francia, i monaci del luogo istituirono una zecca per battere moneta, il “Luigino”, con valenza relativa a un quarto dei “Luigi” francesi. Gli abitanti del borgo rivendicano da secoli la loro indipendenza di Stato a sé stante e nel 1995 hanno rieletto il loro principe, rielaborando una nuova costituzione con tanto di monete e francobolli stampati in loco. All’interno del centro storico medievale vi sono alcuni edifici di rilevante interesse storico artistico, tra i quali la chiesa di San Bernardo, la Parrocchiale di San Martino, il Palazzo dei Monaci sede della zecca.
All'interno della copia di
un documento su cui è scritta la data del 954, vi è indicazione riguardante
Guido, conte di Ventimiglia, in procinto di partire verso terre spagnole per
effettuare una missione di aiuto nei confronti di re Alfonso impegnato nei
combattimenti contro le popolazioni saracene, a indicazione dell'importanza di
Seborga già in epoche lontane. Il conte di Ventimiglia dona successivamente i
suoi possedimenti terrieri consistenti nel borgo e nelle zone subito limitrofe
ai monaci Benedettini dell'abbazia di Lerino inglobata successivamente
all'interno della Repubblica di Genova che aveva esteso i suoi domini sino a
Nizza e dichiarò di assumere la protezione di Seborga, anche se di fatto il borgo
continuò a dipendere direttamente dalla Contea di Provenza. Questi accordi
rimasero immutati fino al 1700 in cui il territorio entra a far parte del
distretto di Mentone e successivamente nel Regno di Sardegna e Regno d'Italia.
Solo in epoca recente, alcuni membri della comunità del luogo rivendicano la
propria indipendenza nei confronti della Repubblica italiana in virtù di un
antico status di principato, mettendo in discussione la validità
dell'annessione al Regno di Sardegna; da qui l'elezione di un proprio principe
simbolico, il conio di una propria moneta e la stesura di uno statuto proprio
che ha unicamente fini folcloristici.